domenica 26 settembre 2010

Debora Serracchiani: "La lealtà al segretario non si discute, ma il segretario discuta con noi"

Care democratiche, cari democratici,
è facile immaginare che la vostra attenzione nei giorni scorsi si sia rivolta alle vicende che hanno condotto il Partito democratico a votare la relazione del segretario Bersani in Direzione nazionale.
Ritengo opportuno darvi conto delle considerazioni che mi hanno convinto a esprimermi in senso favorevole.
Sgombriamo subito il campo da un possibile equivoco: non ho fatto un salto a occhi chiusi nella maggioranza del partito. La mia idea di Pd non è affatto cambiata e continuerò a lavorare per realizzarla, perché ancora non abbiamo costruito il partito nuovo che in tanti sogniamo e di cui, soprattutto, sono convinta il Paese abbia grande bisogno per voltare pagina.
Ma per raggiungere questo obiettivo, bisogna imboccare la strada giusta. E la decisione di arrivare al documento dei 75 mi è sembrata una scelta non adeguata all‘effetto che dichiarava di perseguire. Anzi, per il metodo, quella scelta mi è sembrata più dannosa che non propositiva. E così è stato, purtroppo.
Non voglio, però, neanche per un momento sottovalutare il pregio di merito del documento, che avrei voluto fosse reso condivisibile e discusso dentro i nostri organismi e non sulle pagine dei giornali. Penso che quel documento sia stato il sintomo di un malessere trascurato, un’azione sbagliata seguita da reazioni sbagliate.
Il voto che ho dato alla relazione del segretario Bersani, per me, significa che egli deve farsi carico di creare le condizioni perché il partito ritrovi armonia e fiducia in se stesso.
Quello che è successo ha aperto ferite, ma non può essere sottovalutato o liquidato, perché tutti, a cominciare dal segretario, dobbiamo sapere che difficilmente avremo prove d’appello. Il nostro partito è un bene prezioso, che deve essere arricchito dal confronto con quello che c’è nella società, e non consumato da beghe e contrapposizioni intestine. Essere plurali costa fatica, ma questa è l’identità del Pd, che fonda e costruisce nel dialogo: e il segretario sia garante che tutte le voci trovino ascolto, e nessuna sia soffocata. Bersani ci ha detto che lo sarà, più di quanto non abbia fatto finora, e io ho voluto dargli fiducia.
Da qui in avanti dobbiamo pensare a risalire la china, anche sotto il profilo organizzativo, ad esempio convocando e informando i segretari regionali nei momenti di crisi, tenendo dal centro verso i territori un atteggiamento di giusta e dialettica considerazione, coerente con l‘impianto federale che ci siamo dati. Riassumo in una frase il senso del mio voto: la lealtà al segretario non si discute, ma il segretario discuta con noi.
Riconosciamo di aver dato uno spettacolo triste, con i dirigenti che si parlano per via di comunicati stampa e i militanti disorientati a guardare il loro partito che si sfarina.
Dovremmo invece sempre pensare alle ricadute sui territori, anche perché forse c’è più Pd nei nostri militanti ed elettori che nei palazzi di Roma.
Qua fuori c’è un Paese in balia di forze pericolose e disgregatrici, e non vinciamo la nostra sfida parlando solo di noi stessi ma definendo un progetto chiaro per l’alternativa.
Un caro saluto, Debora

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